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Il progetto di ampliamento del Walker Art Center di Minneapolis, una costruzione esistente disegnata nel 1971 da Edward Larrabee Barnes, nella forma di un regolare e monolitico volume di mattoni a pianta quadrata, ha generato un edificio che rapportandosi al corpo esistente ne ha scomposto per addizioni sequenziali la regolarità dell’impianto, sia a livello planimetrico, sia dal punto di vista dello sviluppo tridimensionale della nuova architettura.
Un edificio aperto a quanto lo circonda – trasparente e pieno di terrazze con viste spettacolari sulla città – e flessibile. Ma anche un nuovo parco di 16mila metri quadrati e una grande piazza proprio di fronte all’ingresso.
“Ben più di un museo”, il Walker Art Center offrirà un auditorium per spettacoli di danza, teatro e concerti da 350 posti, oltre a un nuovo caffè, ristorante, negozi, spazio per eventi speciali e un “garden lounge”. I progettisti lo definiscono “Una lanterna” e “Una visione confusa di un corpo solido traslucido e trasparente”, grazie alla “pelle” che coprirà il nuovo edificio: un tessuto bianco retro-illuminato e sospeso tra mille onde a uno scheletro metallico.
Il progetto, firmato dallo studio Herzog & de Meuron, affianca un primo corpo basso e vetrato al museo preesistente. L’addizione architettonica prosegue con un secondo volume, ancora ruotato e di dimensioni maggiori, ma che segue la stessa figura e materiale del primo e ospita gli uffici del museo e spazi a disposizione per artisti e conferenze.
La sequenza dei primi volumi si propone com soluzione per connettere al volume di mattoni il nuovo monolite rivestito di lastre di alluminio appositamente lavorate, che accoglie il grande teatro, il ristorante e l’atrio di ingresso. Oltre all’invenzione compositiva e al rapporto che gli edifici instaurano con il luogo che li ospita, emerge un alto grado di sperimentazione nella definizione della “pelle” dell’involucro edilizio, specie dal punto di vista materico-espressivo. Il lavoro sul materiale diventa una delle componenti primarie del progetto, caratterizzandone la figura e la forma finali e risolvere il rapporto con il contesto.
Pensato come un “cristallo architettonico” rivestito da una superficie resa tridimensionale da una sperimentale lavorazione di piegatura-sgualcitura, di attente e studiate perforazioni, la particolarità della texture si declina al fine di rendere la lastra-tipo un elemento leggero, increspato e vibrante, quasi in movimento.
Il nuovo volume, caratterizzato da un andamento prismatico e segnato da due grandi tagli-aperture, brilla nel paesaggio della città riflettendo le luci del giorno e della notte, ponendosi come inequivocabile landmark, che si confronta e raffronta con il paesaggio circostante.
(Fabiana Cambiaso – Università La Sapienza)
Immagini: © Herzog & de Meuron; © Cameron Wittig